giovedì 3 marzo 2011

DIETRO LE QUINTE- Non è un teatro per vecchi La sfida delle giovani compagnie di Sofia Lorefice

pubblicata da TEATRON2.0 MILANO il giorno mercoledì 2 marzo 2011 alle ore 15.13



Con la crisi dei sussidi pubblici, gli spazi per gli interpreti emergenti sono pochi.

Per questo, registi e attori diventano imprenditori di se stessi, con nuove soluzioni. Come la rete

i 22 “residenze” dove si può provare e sperimentare. Ma anche il web è una risorsa. E il palcoscenico diventa 2.0

Come sarebbe stata la tragedia clas­sica se non fosse nata nel teatro di Dioniso, con il pubblico seduto in semi­cerchio ai piedi dell’Acropoli? E Shake­speare avrebbe potuto esistere lontano dal Globe, dove gli spettatori accorreva­no per vedere, in piedi, la rappresenta­zione delle sue opere? Non lo sapremo mai. Ma una cosa è certa: il teatro non è solo spettacolo, ma è anche un luogo fisico, dove si intessono reti sociali tra attori e pubblico. Un incontro in cui ha inizio l’esperienza artistica.

E, se i tempi cambiano, il teatro ha sempre bisogno di questi luoghi fisici (o virtuali) per dare spazio all’arte. Anche a Milano. Le associazioni Ètre.Esperien­ze teatrali di Residenza Teatron2.0, fondata da Francesco Malcangio, speri­mentano modi nuovi per dare un futuro al teatro come luogo di comunicazione sociale. Malgrado i tagli allo spettacolo e chi dice che il teatro sia “roba per vec­chi”, sono due esempi di come tradizio­ne e innovazione possano trovare posto nel mondo del teatro attraverso progetti giovani, sperimentali, coraggiosamente teatrali.Una reta dinamica

Trecento spettacoli, con 20 nuove pro­duzioni l’anno, 20 mila spettatori, 24 compagnie emergenti per 22 residenze teatrali in nove province lombarde. È questo, in cifre, il progetto

Être.Espe­rienze teatrali di residenza. Nato nel 2007 grazie alla Fondazione Cariplo, puntava a sostenere la produzione te­atrale delle migliori compagnie emer­genti della Lombardia. La Fondazione finanziava metà del progetto. L’altro 50 per cento coinvolgeva istituzioni, enti locali e le compagnie stesse che ne pren­devano parte.Con un bando di start up di impresa, si sfruttava il meccanismo delle residenze teatrali, un modello già sperimentato in altri Paesi europei. «La residenza teatrale è una forma di imprenditoria culturale. Ha una struttura leggera e di­namica», spiega Laura Valli, presidente dell’Associazione . «Non è il classico teatro stabile e nemmeno di innovazio­ne. Però è strettamente legato al luogo che abita». Il bando, fin dalla sua na­scita, è stato occasione di incontro tra i finanziatori e una rete di compagnie che da tempo cercavano di lavorare insieme per progetti basati su finanziamenti mi­sti tra pubblico e privato. Con un obiet­tivo: far fronte alle avvisaglie della crisi dei sussidi pubblici per lo spettacolo. Un problema che si avvertiva già nel 2007 e che poi si è concretizzato nei tagli alla cultura. Con tre bandi pubblici, dal 2007 al 2010, Être ha sostenuto 22 progetti sperimentali di residenza teatrale, gra­zie a un finanziamento di 150 mila euro per le residenze individuali e di 300 mila euro per le residenze multiple.

A seguito del successo avuto nei suoi tre anni di vita, nel 2008 è nata l’asso­ciazione omonima, di cui Laura Valli è presidente. Ora l’obiettivo è mantene­re intatta la “rete” delle residenze tea­trali e continuare, in modo autonomo, tutto ciò che il progetto sostenuto dalla Fondazione Cariplo aveva cominciato. «Questo è un anno di passaggio. Il bando di alcune residenze del progetto Être sta per scadere», spiega la Valli. «Per far re­stare queste compagnie sul territorio si pensa a una collaborazione con i comuni che hanno ospitato il progetto, con l’im­pegno di realizzare un tot di spettacoli».

Être vuole allargarsi oltre il territorio lom­bardo, con progetti di residenza teatrale sul fronte nazionale ed europeo.

Uno di questi è il festival Luoghi Comu­ni, alla sua terza edizione. Sorto nel 2009 con lo scopo di far girare, di residenza in residenza, i 30 spettacoli prodotti dalle compagnie Être, nel 2010 ha ospitato ar­tisti stranieri e progetti in partnership con altre compagnie. Quest’anno Luoghi Comuni sarà la prima rete teatrale in grado di coinvolgere un così alto numero di spazi scenici sparsi per province lom­barde.

Solo a Milano e Sesto S. Giovanni, in cinque residenze, ci sono sette compa­gnie di Être

Dalle scene a Twitter

Cos’hanno in comune Twitter e l’an­tropologia sociale dell’Odin Teatret di Eugenio Barba? Perché mettere su Wor­dpress la Biomeccanica di Mejerchol’d e l’approccio al montaggio creativo di Kan­tor? Che ci fanno Carmelo Bene e Dario Manfredini su Youtube? «Semplice: il teatro è comunicazione», risponde Fran­cesco Malcangio, classe 1969, regista, drammaturgo e art-director. Dal 2008 ha creato TeatrON 2.0, uno spazio sul web che inventa strategie di comunica­zione per le arti performative all’interno dei social network più “in” del momento. Oltre a realizzare sulla piattaforma Wordpress il blog TeatrON2.0, Mal­cangio amministra oltre 30 accounts personali, tra vanity pages e gruppi a tematica teatrale. Ha 65 mila iscritti su Facebook, Twitter e Youtube: insomma, sta lanciando il teatro 2.0. L’obiettivo? Sfruttare le potenzialità dei social net­work per individuare nuovi confini nella comunicazione del teatro. Sopratutto tra i giovani. È un «uso drammaturgico» del web e, stando ai numeri, c’è da essere fiduciosi: TeatrON2.0 >a dalle 800 alle 900 visite al giorno. Il suo incremento è tra i 4 mila e i 5 mila networker mensili» spiega. E, se per avere successo nel mondo dei social network occorre produrre conte­nuti, allora «il teatro è perfetto: i conte­nuti li ha già, pronti da sempre. Serve solo una strategia, tutta da inventare, per condividerli in Rete», aggiunge. Conviene anche economicamente: lo di­mostra il «Social Page Evaluator», uno strumento che misura, in termini mone­tari, il valore attuale e quello potenzia­le delle fanpage di Facebook. Il Piccolo Teatro, ad esempio, varrebbe sul sito creato da Mark Zuckerberg circa 90.212 dollari. Al momento, però, è sfruttato a meno di un terzo delle sue possibilità, cioè 27.064 dollari. Così il Teatro Fran­co Parenti: sul social network ha un va­lore potenziale di 45.716 dollari e uno attuale di 23.620 dollari, mentre l’Elfo Puccini potrebbe valere 24.278 dollari, ma ne rende 20.520. Molti teatri non hanno nemmeno una fanpage, cosa che, su Facebook, significa non esistere. Da queste valutazioni si scopre anche che le compagnie più piccole e giovani sanno gestirsi sul web meglio che i grandi tea­tri. «Per noi sfruttare le potenzialità de­gli strumenti 2.0», dice Francesco, «vuol dire fare oggi quello che ha fatto Euge­nio Barba 30 anni fa, andando in giro per il mondo con i suoi zoccoli: portare il teatro fuori dai circuiti tradizionali». Un sito aggiornato e vivace, quindi, ma con un approccio 1.0 che esclude ogni in­terazione con l’utente tranne la sempli­ce navigazione tra le pagine, non basta più. Per questo Francesco Malcangio è convinto che i social network rivoluzio­neranno il modo di comunicare il teatro e avvicinarlo ai giovani. «Ma serve an­che una collaborazione strategica che abbandoni l’idea del teatro visto come sola estetica del testo e si ponga, come obiettivo primario, la condivisione dei contenuti».

Sofia Lorefice

sofialorefice@yahoo.it

Fonte: http://www.lasestina.unimi.it/lasestina/posts/mm-16-febbraio-2011

note by http://www.facebook.com/teatron2.0milano

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